Salassoterapia nel trattamento della sciatica o nevralgia ischiatica (sciatalgia,
lombosciatalgia) è una pratica a cui molti pazienti, soprattutto nel passato
hanno fatto ricorso per risolvere il problema del dolore da sciatica. Tipicamente
la sciatalgia è un dolore che parte dalla colonna vertebrale e si estende alla
parte posteriore della coscia e della gamba arrivando fino al piede. Il dolore
è insopportabile, lancinante, come una scossa all’interno della gamba. Si può
aggiungere senso di pesantezza, o una morsa che avvolge il polpaccio o
la caviglia.
Il salasso era soprattutto praticato dai frati nei monasteri.
Trattasi di una pratica empirica a cui la scienza non sa dare delle precise
spiegazioni. Come tutte le cose empiriche, spesso si fanno, si bada al
risultato e non bisogna chiedersi tanti perché. In ogni caso questa pratica
terapeutica rispetta il principio di Ippocrate e regola fondamentale della
medicina che è "primum non nocere". La salassoterapia oltre non
danneggiare affatto, spesso risparmia l'assunzione di farmaci e può essere
eseguita, senza problemi, ma con qualche precauzione in più, anche da coloro
che assumono anticoaugulanti.
La metodica consiste nel provocare una fuoriuscita di sangue da una
vena(flebotomia) in prossimità del malleolo esterno della gamba affetta da
sciatica, tramite un taglio (o alcune piccole incisure come alcuni
fanno). La quantità di sangue che esce può variare a seconda del tipo di
incisione. A dimostrazione della efficacia del metodo, in un passato non
lontano l'azione di salasso veniva effettuato tramite le sanguisughe facendole
attaccare alla zona dolente, e maggiormente al livello di caviglia. Ho detto un
passato non lontano, poiché ancora studente in medicina, in alcune farmacie di
Roma, a fine anni settanta si potevano ancora acquistare sanguisughe.
Attualmente le sanguisughe stanno tornando di moda negli Stati Uniti per curare
una serie di disturbi.
La salassoterapia per i pazienti affetti da sciatica, è stata una della
prime pratiche terapeutiche che io Dott. Stramenga ho imparato da
giovane medico, e risale al 1981 quando appresi questa metodica da un frate che
trattava i pazienti, in un monastero, nei pressi delle catacombe di San
Callisto a Roma e da allora l’ho sempre praticata. Nel Lazio in molti
monasteri, tra questi nel monastero di Cori (Frosinone), monastero di Fonte
Colombo (Rieti) si praticava la salassoterapia per la sciatica. Trattasi di una
pratica empirica, ma con molte basi scientifiche che giustificano la diffusione
e la efficacia, anche se la medicina ufficiale si ostina a non riconoscerla; è
molto diffusa in molte altre parti d'Italia e con buoni risultati
Se diamo uno sguardo alla storia, vediamo che ci sono tracce di questa metodica
fin dai tempi più remoti. Fu importata dai medici greci dall'oriente e dai
frati Francescani dall'estremo oriente nel medioevo. Per secoli, il salasso
nella sciatica, è rimasta una pratica terapeutica, in mano ai frati di vario
ordine ( io stesso ho appreso la metodica da un frate). Nel corso dell'ultimo
secolo anche la classe medica si è avvicinata a questa metodica e ci sono anche
illustri colleghi che l' hanno praticata.
Ci sono numerosi personaggi dello spettacolo che hanno beneficiato di questa
tecnica. Anche il recordman indiscusso sui 200 m, Pietro Mennea, ricorse al
salasso con successo terapeutico.
Teorie sulla salassoterapia
Per quanto riguarda le
possibili spiegazioni scientifiche sono state formulate varie ipotesi. Una
delle teorie prevede è che la zona che si va ad incidere, è una sede che gli
stessi agopuntori pungono per il trattamento della sciatica (il 60V vescica).
Incidere un punto specifico, con fuoriuscita di sangue, secondo gli agopuntori
c'è una maggiore dispersione di "energia negativa".
A mio parere ci sono teorie scientifiche più valide, non facile da capire per
la gente comune, che spiegano il perché funziona la salassoterapia nella
sciatica. La percezione del dolore è un meccanismo complesso frutto di
interazioni di più meccanismi del sistema nervoso periferico e centrale. Cercherò
di spiegarlo in maniera semplice, anche se semplice non è.
A livello periferico
una patologia genera dolore (infiammazione, discopatia, …) e tramite il nervo
periferico detto neurone di primo ordine lo stimolo doloroso arriva a livello
del midollo spinale (corna posteriori). Questo è un punto ( sinapsi tra primo e
secondo neurone) dove il dolore subisce profonde modificazioni prima di
arrivare a livello del cervello.
Lo stimolo doloroso, quindi, dal midollo arriva in alcune aree del cervello, il quale elabora il segnale e rimanda al midollo spinale dei segnali che possono inibire o modulare il segnale doloroso, ma a volte amplificarlo. È dimostrato che pensieri, emozioni e stress possono influenzare l’attività di questo sistema che utilizza come mediatori sostanze oppioidi come encefalina, dinorfina, ma anche serotonina e noradrenalina.(vedi immagine sotto)
Schematizzazione dell'attività di modulazione/inibizione delle aree cerebrali superiori sul dolore che giunge dalla periferia.
Ci sono anche studi
che dimostrano che alcune aree del cervello, come la sostanza grigia
periacqueduttale è attivata anche attraverso la visualizzazione di immagini di
forte impatto (come il sangue che fuoriesce dalla vena) associate al dolore, attivando
così la via modulatrice discendente. In generale potremmo dire che forti emozioni, stress o grande determinazione
possono produrre una buona soppressione delle sensazioni di dolore. Oltre le
vie inibitorie discendenti sul dolore, vi è anche la
possibilità dell’eccitazione di interneuroni inibitori o facilitatori nel
midollo spinale che possono modulare il segnale nocicettivo doloroso.
Ci può
essere anche l’effetto placebo sotteso da questi meccanismi inibitori top-down,
e le aspettative, la distrazione ed i contesti emotivi possono attivare i
sistemi correlati al PAG/RVM. Sono sempre di più le evidenze scientifiche che
rinforzano il concetto che il dolore cronico, come la sciatalgia, possa essere
associato ad alterazioni dei meccanismi discendenti di modulazione del dolore
che determinano una facilitazione o amplificazione dell’esperienza dolorosa.
Tutti questi complessi
meccanismi nel loro insieme vengono attivati dalla salassoterapia e ne spiegano
l’efficacia.
Indipendentemente dalle basi scientifiche, che giustificano il successo
terapeutico, a me basta sapere che empiricamente il salasso nella sciatica da
buoni risultati. In fin dei conti l'efficacia di una terapia si fonda anche su
cose che scientificamente non riusciamo a spiegare, e nella medicina ufficiale
di casi ve ne sono tanti.
La fuoriuscita di sangue nel paziente evoca sempre la sensazione del "male che si allontana da noi".
Nel mio caso, la salassoterapia nel trattamento della sciatica, non esclude,
qualora ritenuto necessario, la prescrizione di farmaci o il suggerimento di
ulteriori trattamenti, tendendo conto del percorso terapeutico già eseguito dal
paziente e tenuto conto, che molti farmaci di uso comune per la terapia della
sciatica, nelle persone anziane, in particolare gli anti infiammatori, devono
essere evitati per problemi ai reni, stomaco e possono precipitare o far
insorgere uno scompenso cardiaco.